Dal nostro amico e lettore Diego Angelo Bonvicini.
Prima Parte
Quando penso ad un luogo dove trascorrere le vacanze, la domanda che, ormai inconsciamente, mi faccio, è: ci sarà onda in quella parte del mondo? Subito dopo mi chiedo se riuscirò a conciliare la mia voglia di surf, con la voglia di spiaggia e mare calmo e cristallino della mia fidanzata e, perché no, un po’ di sana cultura.
Posti di questo genere ce ne sono molti, ma uno in particolare è considerato Il Posto: Bali, l’isola degli Dei, l’isola esotica vista ed ammirata su centinaia di riviste di surf.
C’ero già stato nel 2004, quando ero poco più che un principiante, quando un drittone in mezzo alla schiuma mi faceva uscire dall’acqua con un sorriso e forse proprio perché il mio livello non era così pretenzioso, ho passato tutta la vacanza tra Kuta Beach e Legian, scoprendo comunque un’isola dalla natura prorompente e piena di gente cordiale e sempre pronta a regalarti un sorriso.
Così, verso fine marzo,con finta ma sapiente noncuranza ho chiesto alla mia dolce metà cosa ne pensava di passare le canoniche due settimane di vacanza in Indonesia, con l’ormai consolidata formula di un paio di notti in una grande città, per poi spostarsi sul mare, visitare l’isola a nord, a sud, e passare gli ultimi giorni di relax al mare.
Risposta affermativa con clausola di invitare un’altra coppia di amici.
Quindi la situazione era questa: Viaggio nella Terra Santa del surf, con 3 persone non surfiste e 2 mesi di piatta mediterranea alle spalle.
Il primo passo è stato comprare i biglietti aerei al minor prezzo possibile, ma dato che eravamo arrivati ormai a maggio, tutte le compagnie con voli diretti o con uno scalo avevano prezzi inarrivabili, quindi abbiamo optato per fermarci 2 notti a Singapore (Singapore Airlines - circa 700euro con partenza l’8/9 e ritorno il 22/9) e ripartire per Bali con una compagnia low cost asiatica (Air Asia – 150euro, andata l’ 11/9 e ritorno il 21/9).
Biglietti acquistati, guida di Singapore acquistata e studiata,ora possiamo pensare a Bali.
Un buon mese passato a studiare molti post su un paio di forum di riferimento, l’esperienza acquisita 8 anni prima e una veloce lettura della guida, mi hanno dato un’idea generale delle onde a Bali, delle spiagge paesaggisticamente più belle, dei paesi da visitare a prescindere dal surf e dell’itinerario di massima da seguire. Tre notti a Padang Padang, nel Bukit (penisola meridionale), due notti a Ubud, centro culturale ed artistico dell’isola, due notti a nord , la parte più selvaggia dell’isola , tre notti a Gili T., isola maggiore di un gruppo di tre isole considerate le Maldive indonesiane ma senza il turismo di massa e per finire ultima notte a Kuta.
Ci sarebbero migliaia di altre combinazioni per vistare l’isola, dalla più spartana con motorino, zaino e tavola, alla più esclusiva in un resort cinque stelle a Nusa Dua con picco di fronte al bar dell’hotel. Quella scelta è una delle tante che speravo avrebbe coniugato i miei bisogni di surfista italiano, con il bisogno di relax, divertimento e cultura dei miei compagni di viaggio.
“(..)perciò’ dopo 12 ore nel posteriore di un aereo, 4 film cretini, 2 pasti di plastica,6 birre senza chiudere occhio…” (The Beach) Finalmente sono atterrato a Singapore. Non c’e’ molto da dire che non venga perfettamente rispecchiato in una qualsiasi immagine di questa megalopoli occidentalizzata, tutta grattacieli e centri commerciali, con qualche angolo ancora intatto, tipo Little India, Chinatown ed Arab Quarteer dove è possibile scorgere l’origine del meltin pot che la abita.
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